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Oltre gli Oscar, innovazione in casa DreamWorks: l’esempio del “Robot Selvaggio”

Robot Selvaggio: in primo piano un robot in mezzo alla natura.

Thomas Fontana & Christian Malaman, classe 4^

Lo studio d’animazione nasce, nel 1994, con il nome “Dreamworks SKG” dove S sta per Spielberg, K per Katzenberg e G per Geffen; i cognomi dei tre fondatori: produttori cinematografici e registi molto noti ad Hollywood. Si è subito affermata come alternativa alla Disney distinguendosi, tra le altre caratteristiche, per l’irriverenza dello stile narrativo.

Mentre la Disney si rifà a fiabe tradizionali e a un’estetica classica, la DreamWorks ha puntato su storie che mescolano ironia, profondità e riferimenti contemporanei. Da Shrek (2001) che ha rivoluzionato il genere con la metanarrativa e un antieroe protagonista, a Dragon Trainer (2010) che esplora il rapporto tra uomini e natura, la Dreamworks ha costruito un’identità unica nel suo ambito. Anche dal punto di vista tecnico lo studio ha sempre sperimentato molto, proponendo animazioni dal taglio cinematografico e dettagli visivi non da poco.

Alle premiazioni degli Oscar il loro ultimo film, il Robot Selvaggio, non ha fatto da protagonista, ma rappresenta ugualmente un capolavoro d’animazione. 

Tecniche di disegno: la meraviglia di un mondo digitale

Per la creazione del film, la DreamWorks ha usato molte tecnologie avanzate; ma prima di tutto, per non sbagliare nulla, hanno chiesto all’autore del libro, Peter Brown, di descrivere il mondo da lui immaginato per poi ricrearlo in digitale e dunque evitare errori di interpretazione. Le tecnologie utilizzate sono molteplici, una di queste è la motion capture (mo-cap) utilizzata per registrare i movimenti degli attori per poi trasferirli in modelli digitali; inoltre l’uso del rendering 3d è stato utile per creare effetti realistici e dettagliati. I personaggi dopo essere stati modellati in 3d hanno ricevuto una texture personalizzata per ogni scena, che è stata disegnata a mano. Inoltre, tutta la bellezza del film è data anche dall’utilizzo di effetti speciali che rendono tutto più emozionante, sono pura magia, hanno creato un mondo affascinante utilizzando la computer grafica. Tutte queste tecniche utilizzate rendono questo film un’ evoluzione.

Il Robot Selvaggio: tecnologia e natura in perfetto equilibrio

In questo nuovo capitolo d’animazione DreamWorks, la trama segue Roz, un robot che si risveglia misteriosamente su un’isola deserta. Senza memoria del suo passato né indicazioni sul proprio scopo, Roz deve adattarsi a un ambiente selvaggio e ostile, popolato da animali che inizialmente la vedono come una minaccia.

Il cuore del film è il tema dell’adattamento: Roz, da estranea meccanica, si trasforma in parte integrante dell’ecosistema, imparando a comunicare con gli animali e stringendo legami che sfidano il concetto stesso di “umanità”. La DreamWorks costruisce personaggi sfaccettati, capaci di emozionare: Roz è molto più di un robot, è una metafora di resilienza e scoperta di sé.

Pur con una trama semplice, il film riesce a interrogare il pubblico su questioni profonde, come il rapporto tra uomo e tecnologia, la sostenibilità e l’empatia verso il diverso. Una riflessione delicata e avvincente, perfettamente in linea con la tradizione DreamWorks.

 “Il film ha un’ambientazione fantastica, anche molto interessante, inoltre reputo le animazioni incredibili! Le emozioni dei vari personaggi sono trattate incredibilmente; questo film è un capolavoro d’animazione: “voto diesci”.

Christian

Considero il film uno dei migliori film d’animazione dell’ultimo decennio, non solo per la spettacolarità artistica delle animazioni, degli effetti speciali e degli sfondi disegnati. La caratterizzazione dei personaggi è perfettamente incastrata nella trama, non sono i personaggi a fare i ruoli, ma le scene, le necessità del racconto e il momento della storia. La cosa che più mi piaciuta e il modo in cui viene trattato il tema della natura, cioè in modo realistico e molto vicino alla verità: viene descritta una foresta in cui è normale la diversità, l’incomprensione…sono moltissime le scene in cui la dinamica “preda – predatore” la fa da padrone, perché “è così che deve andare”. Una foresta in cui è normale che un opossum perda un figlio da un momento all’altro, o che una tempesta di neve metta in pericolo la vita di tutti gli animali, senza esclusione di colpi. Il film è quindi in linea con ciò che penso possa essere, nel mondo dell’animazione di oggi, rivoluzionario: credo diventerà una pietra miliare, ci sarà un prima ed un dopo”.

Thomas

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